... i fari da vedere.
Da Punte Bianche a Porto Taier: l’arcipelago si trasforma in un parco dei divertimenti
Fanali e fari si susseguono lungo la costa dalmata. I primi sono semplici lanterne; i secondi sono sistemati su torri, tralicci o altre costruzioni cospicue che servono da riferimento anche da giorno.
Così li definisce l’Istituto Idrografico e a duemila anni di distanza sembra di rileggere i Commentarîdi Giulio Cesare: pharus est turris magna altitudine, mirificis operibus extructa.
Il nostro viaggio iniziò di primo mattino, ai confini dell’Adriatico, quando l’equipaggio di Moya emergeva dalle cuccette attirato dall’odore del caffè. Eravamo in regata, e avevamo appena issato la controranda, ammainata per precauzione durante la notte. Erano state ore insonni ed esaltanti, spinti dalla Tramontana a punte di dieci nodi lungo il Canale d’Otranto, e il cervello iniziava a elaborare per conto proprio immagini e nessi. In lontananza ci è apparso il profilo squadrato di Fano, la prima isola greca. Apparso, è la parola giusta: perché in queste nome Fano c’è tutto il senso greco dell’apparire, del risplendere, della luce, e anche della fiaccola impeciata - il primo faro - accesa per trovare la via nell’oscurità. Isidoro di Siviglia... Eppure Fano1) è il nome italiano dell’isola: in greco si chiama Othoni. Othoni2): come, nel greco classico, la tela, il lino, la tela di lino delle vele... Non una vela intorno, non una nave. Nulla che ci potesse suggerire l’anno, o il secolo, in cui ci trovavamo.
Capo Planca divide la Dalmazia. L’asse delle isole prende un’altra direzione, e la navigazione torna a svolgersi in mare aperto. E’ sempre stata questa la rotta naturale per i velieri che scendono l’Adriatico. Lissa, Pelagosa, il Gargano: punti naturali di riconoscimento sia che si approdi in Italia sia che si prosegua per la Grecia, nel qual caso cercheremo, di nuovo sulla costa orientale, l’sola di Saseno, poi le “Strade Bianche” scavate nella costa albanese, e infine Fano, Merlera e la vetta del San Salvatore. Ma adesso siamo ancora in Dalmazia e la nostra guida è il faro di Punta Promontore su Lissa, inaugurato nel 1865, un anno prima della fatale battaglia. Un lampo ogni 15 secondi, 30 miglia dì portata: uno lei fari più potenti dell’Adriatico. Più potente anche di quello di Pelagosa.
Passiamo al traverso di quest’ultimo al tramonto. Il Maestrale teso non accenna a diminuire con il calare del sole, rotta Ostro quarta Scirocco. I gabbiani ci superano traversando con nonchalance l’Adriatico da una costa all’altra. Il profilo aguzzo della Pelagosa sembra un castello incantato contro il cielo infuocalo - capiamo perché, senza alcun fondamento geologico l’abate Fortis la ritenesse il prodotto di un’antica eruzione vulcanica, come Santorini. Una luce si accende sulla sommità ovest dell’isola: un lampo ogni 17 secondi e mezzo. Il faro, del 1875, è spettacolare. A quasi trenta miglia dalla costa pugliese e a più di sessanta da quella dalmata, è il più ‘pelagico’ dell’Adriatico, e la sua costruzione basterebbe da sola a testimoniare la dedizione dell’Austria per questo mare. La sua edificazione richiese poco più di un anno, con cento operai diretti da Antonio Toplich “a contractor - nelle parole del console inglese a Trieste Richard Burton - whose name is associated only with hard and honest work”.
Poche decine di miglia ci separano dalla Puglia ma, che ci si diriga su Vieste, su Bari o su Brindisi, è un altro mondo, I traghetti Anek e Minoan percorrono l’Adriatico in venti ore, ma non è la stessa cosa che farlo sotto vela. Non è la stessa cosa neppure con le moderne imbarcazioni dotate di motore e strumenti satellitari, tutte cose che con l’arte umanissima della navigazione nulla hanno da spartire. Forse la differenza è il passo della nave sotto vela, forse l’emozione del riconoscimento della costa, forse la serenità di seguire il corso della natura. Forse provavano questa sensazione a bordo del brigantino “Italo”, in procinto di imboccare l’Arcipelago venerdì 7 giugno 1844. “L’aria è serena. Si naviga con tutte le vele e tutti i velacchi volanti da una parte e dall’altra. Si dirige la prora al Greco quarta Levante e avendo girato il vento si ammainano i volacchi volanti dalla parte destra. Il vento è sempre fresco e favorevole, abbiamo in vista l’isola Candia”. Il giorno successivo “va rinforzando il vento, l’aria si sottilizza, l’orizzonte principia caricarsi di grosse e dense nubi che minacciano vento più forte. Si naviga costeggiando l’isola di Delos col lasciarla alla nostra destra”. Scorrono le isole al traverso, scorre la vita.
Piero Tassinari
(per gentile concessione dell'autore e del quotidiano Il Piccolo di Trieste, dove l'articolo è stato pubblicato il 4 novembre 2007)
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1) φαίνω [fàino, feno] = apparire, portare alla luce, da φώς, φωτός [fos, fotòs] = luce - cfr. it. fenomeno (apparso, reso manifesto),fotografia (scrittura con la luce) (n.d.r.)
L’isola di Othoni si trova a 11,5 miglia a nord ovest di Corfù (n.d.r.)
2) οθόνιον [othònion] poi οθόνη [othone] = tela, tela sottile, vela (n.d.r.)